Pittore e Scultore - artista del '900 italiano

La critica e le testimonianze

Vittorio Sgarbi
I narratori del nostro tempo 2024

..." Aristide Gattavecchia ha vissuto a Cesena negli stessi luoghi e negli stessi anni di Alberto Sughi, pittore di cui lui era amico, morto qualche anno fa, che è stato un grande pittore realista ma anche esistenziale, e mi viene in mente Sughi perché nella pittura di Gattavecchia non c’è una consonanza o un’affinità con Sughi ma c’è un clima, l’idea di un luogo della terra dove si sente la dimensione profonda di una spiritualità che è quello che il mondo romagnolo esprime nelle sue rappresentazioni più grandi, più calde come quella di un artista come Fellini.

Ecco, l’idea di sentire quella Romagna nella quale la nebbia spesso nasconde e ricorda quel film di Fellini di quel personaggio che dice :”ma dove sono finito” perché non riconosce più nulla intorno a lui, “ma se questo è l’aldilà non è mica una bella cosa!”.

Cioè sentire di perdersi in queste nebbie costanti, in questi fumi, che sono i fumi di luoghi dove non c’è più la vita, sono stati ragione di riflessione profonda per Gattavechia, così come le sue sagome di figure che richiamano la grande pittura di Sironi, ma tutto è come visto in un aldilà, in un inferno dove è difficile trovare la luce.

Quindi la sua pittura è una pittura drammatica ed esistenziale insieme.
 In questo occorre dire che i riferimenti che ho fatto sono i riferimenti che servono per far sentire che non era solo in questa condizione di disagio esistenziale.

E’ stato capace di lasciarci dei segnali molto importanti del suo rapporto umano, in ritratti come “La Bruna” del 1960, che è un notevole ritratto di grande forza e in alcuni paesaggi in cui i nudi sono senza testa come sculture classiche, sculture antiche.

E’ qualcosa che ha a che fare con il sentimento di un mondo che non ha più riferimento certo, e non ci sono più valori sicuri e tutto, anche le famiglie al mare , sono visti di spalle come per rappresentare una condizione di infelicità e di inadeguatezza.

Ecco, tra le sue opere significative, c’è certamente questo paesaggio nebbioso di una Cesena fantasma, che diventa come un luogo dell’aldilà.

La fedeltà alle sue terre non lo fa diventare però un artista vernacolare che racconti la Romagna come un fatto pittoresco, ma come qualcosa in cui c’è il senso profondo di un’esistenza drammatica, che è stata la sua, con i temi del paesaggio di cui oggi si parla tanto.

Del clima quindi l’inquinamento, la dimensione della fine di una certezza di un mondo armonioso, e tutto questo è in questa sua rappresentazione così intensamente drammatica che vuol far riflettere anche oggi (lui è morto nel 1994) a una crisi del mondo in cui si sente un profondo disagio .

 Poi i volti come quello di questa meravigliosa figura femminile, “La Bruna”, ci danno il senso che l’umanità resiste ma che intorno a noi c’è un precipitare del mondo, c’è una natura sempre meno felice e noi dobbiamo in qualche modo cercare di difenderci standoci vicini, essendo stretti l’uno all’altro, per evitare di essere travolti.

Ecco, questa speranza alla fine, nella sua visione tendenzialmente pessimistica, è un segnale significativo dell’eredità che Gattavecchia ci lascia con la sua pittura."

Prof. Vittorio Sgarbi


 

La lettera di Alberto Sughi

Nel 1987 il Comune di Cesena decise di festeggiare gli 80 anni di Gattavecchia, organizzandogli una mostra personale, presso la Galleria Comunale d'Arte.
All'evento doveva partecipare il famoso artista Alberto Sughi, per rendergli omaggio data la loro grande amicizia.
Purtroppo non riuscì ad essere presente, ma cercò di manifestare la propria vicinanza, facendogli pervenire la "brutta copia" del discorso che avrebbe tenuto al momento dell'inaugurazione.
Si tratta di una interessante testimonianza del fermento culturale e artistico di quel periodo e di quanti artisti abbiano condiviso le emozioni, il dialogo, il confronto, ritrovandosi tutti insieme nello studio in cima al torrione, nella storica Rocca di Cesena.

Caro Aristide,

Ti ricordi in quanti ci trovammo a ridere, piangere e sognare come bambini in quel liberatorio dopoguerra?
Mi piace ricordare i cari nomi, così come riaffiorano da quel tempo lontano e comincio con il tuo, Aristide, che oggi arrivi agli 80 anni con lo sguardo e il cuore di un ragazzo e con quello dell'indimenticabile Otello Magnani, come te nutrito di intelligenza e tenace passione per la pittura.
Ed i nomi dell'inseparabile trio Cappelli, Caldari ed il mio.
Arroccati nel maschio sopra la piazza assieme a Fioravanti, architetto e scultore, e al giovane professor Dradi che, per primo, cercò di individuare criticamente il nostro lavoro.
Quante interminabili ore passate insieme per le strade, nei caffè della vecchia Cesena a discutere di tutto: arte, politica, vita... e come è vivo il ricordo di te, Aristide, folletto acrobata del paradosso, sempre sul filo che lega realtà e fantasia.
Arrivarono a Cesena in quegli anni dapprima il grande Muccini e poi il poeta Pedretti, che ci hanno lasciato, quasi abbiano voluto consegnarlo al nostro gruppo, l'esempio e il ricordo del carattere di artisti e di intellettuali.
Devo confessarti, Aristide, la mia commozione nel ricordare quella stagione: tutto sembrava muoversi all'interno di un sentiero traviato chissà da chi ... allora ci piaceva pensare che in quel sentiero ci fossero ancora tracce dei passi di Renato Serra.
Come sarebbe bello tornare nello studio della Rocca in una sorta di stanza metafisica dove potessimo riprendere i nostri discorsi, magari assieme agli amici che venivano a trovarci da lontano come Raimondi, Bernari, Guerra, Cagli e a tutti gli scrittori e studiosi che arrivavano fin lassù attraverso la libreria di Giovanni Bettini.
Caro Zimildin, sono contento che l'amministrazione di Cesena faccia una mostra per festeggiare i tuoi incredibili 80 anni.
Chi visiterà la tua mostra, capirà quanto era profondo l'impegno culturale che animava il nostro gruppo e come la tua pittura sia nutrita di quell' originale carattere stilistico che fece pensare a più di uno, alla nascita della scuola di Cesena.
In altre occasioni ho parlato in maniera più puntuale del tuo lavoro; permettimi oggi, che sono lontano, di lasciare che sia il ricordo a rianimare i contorni di una lontana stagione in cui anche la tua persona e il tuo lavoro avevano una parte così importante.
Tanti auguri affettuosi dal tuo  Alberto Sughi
Roma, 9/11/1987